Di Riccardo Gabriele
Ecco a voi le recensioni dei corti della prima giornata della sedicesima edizione del Dieciminuti film festival
Just for the record
Il corto serbo, di Vojin Vasovic, per certi versi potrebbe ricordare il lungometraggio Wall-E.
Abbiamo sempre un robot abbandonato a sé stesso, un ambiente desolato e l’incontro con un essere capace di scuotere il grigiore delle giornate del robot. Come nel corto italiano a dare una “scossa” al piccolo robot è un uccello, ma se in “Arturo e il gabbiano” la disavventura era legata al mondo delle foto, qui l’intento del protagonista è quella di registrare il verso (è infatti un registratore).
I toni però sono meno comici e più propensi al dramma del non riuscire a relazionarsi del robot: la conclusione saprà regalare la giusta dose di emozioni.
In sintesi, un corto che con poco sa catturare l’attenzione, divertire e commuovere.
Offro io
Un corto all star, infatti vediamo tra gli interpreti Maurizio Lombardi (Tutti i soldi del mondo, Pinocchio, The Nest), Carolina Crescentini(Boris), Paolo Calabresi(Boris, Smetto quando Voglio, Figli) e Paola Minaccioni qui anche regista (Reality, Allacciate le cinture).
La trama è molto semplice un gruppo di ricconi si sfida ad offrire all’altro fino ad arrivare ad un “tragico” epilogo.
Un corto che fa scorrere a dovere i suoi undici minuti di durata, regalando divertimento ed ottima critica di costume.
Interferencias
Un corto spagnolo, diretto da Javier Cano Larumbe, che si muove tra “Incontri ravvicinati del terzo tipo” ed “E.T. l’extraterrestre”, quest’ultimo anche omaggiato direttamente dal regista (infatti nella camera del bambino protagonista della pellicola si trova un poster del celebre alieno di Steven Spielberg).
Il tutto è ambientato di notte, dove troviamo in una casa due fratelli rispettivamente minore e maggiore che stanno consumando la cena.
Durante il pasto sappiamo della lontananza del padre e vediamo il minore armeggiare con una radiolina, il resto del corto è su cosa siano le strane interferenze captate.
La fotografia buona e l’interpretazione convincente dei due protagonisti, lo rendono piacevole da vedere, contro: l’essere molto derivativo dalla filmografia di Steven Spielberg, tanto da far intuire facilmente il finale. Consigliato a chi è nostalgico delle vecchie pellicole di fantascienza.
Pain
Una bambina durante la partita di cricket del padre ne scorge la sua vulnerabilità, da qui si sviluppa il resto del corto neozelandese diretto da Anne Rose Duckworth.
Tramite un montaggio serrato scorgiamo i vari momenti della medicazione del padre alternati al punto di vista della bambina. Idea ottima il mostrare inizialmente con il solo audio il momento in cui il padre si ferisce.
Sequenza molto interessante quella che dal terzo fino al sesto minuto circa, troviamo la bambina da sola nello spogliatoio, in cui dà la prova che quanto visto e sentito non sia un dolore così grave come lo faccia apparire. Una scena in cui la fotografia e la sua interpretazione descrivono accuratamente lo stato psicologico che la bambina si trova a vivere.
In sintesi, uno spaccato di un momento in cui ci si accorge di quanto profondamente umani possono apparire i genitori e quanto del lato infantile a volte lascino trasparire.
2030
Un corto decisamente estivo del francese Pierre Dugowson. Il tema è infatti un aumento spaventoso delle temperature, 48°C, che interessa una scuola francese.
Che sia ambientato nel futuro ce lo dice oltre il titolo, anche il termometro della classe dove si legge l’anno 2030.
Purtroppo, oltre ad una fotografia che fa recepire il caldo, non offre granché, anche a livello di performance attoriali, l’idea è buona e forse con un budget migliore si può trasformare in qualcosa di più interessante .
Le Reti Fantasma
Del documentario diretto da Marco e Andrea Spinelli, si può dire che sia una splendida e toccante poesia. La tematica è quello dell’inquinamento marittimo e nello specifico delle reti da pesca, rimaste abbandonate nel fondo marino.
Attraverso un testo che da voce al mare, letto dalla voce di Roberto Pedicini, non si riesce a non provare insieme stupore, meraviglia e allo stesso frangente tristezza per la desolazione mostrata e accentuata da un bellissimo testo che culmina con un “lasciatemi libero” che non può che costituire la degna conclusione.
In sintesi, ottima fotografia sposata ad un testo meraviglioso, interpretato in maniera egregia, rendono il documentario estremamente efficace nello scopo che si pone di combattere
Reapper
Tema: il ricordo, il passato. Elemento originale però è il non porsi solamente a livello nostalgico ma anche e soprattutto con intento di valorizzare il presente.
Protagonista del corto inglese, diretto da Tommy Clarke, un ragazzo (Frank) che dopo aver restaurato la vecchia moto del padre, esce alla ricerca del molo, a sfondo di una vecchia foto di quest’ultimo.
L’intento è quello di consolare la madre (di cui nell’incipit ne ascoltiamo solo la voce).
Tramite una buona fotografia e dialoghi ben costruiti, restiamo rapiti per tutta la durata del corto.
Il saper comunicare in breve tempo tutto il senso profondo di un qualcosa che inizialmente sembra un semplice estro artistico e un efficace resa dei personaggi, fanno sì che non si posa rimanere delusi dalla visione.
The Handyman
Il corto australiano di Nicholas Clifford riesce a mescolare abilmente toni cupi ad altri più leggeri. Si parte con una donna in procinto dal suicidarsi in una casa malandata: i colori dominanti sono quelli freddi ed il nero. Suggerisce pertanto che il personaggio è convinto dell’azione da compiere, ma verrà interrotto da un uomo che si presenta come un aggiustatutto.
Egli deve svolgere il proprio lavoro altrimenti il suo capo non lo paga, la donna costretta dalle circostanze lo fa entrare e da lì prende il via tutto un duetto tra due bravi interpreti. La donna nel gestire un personaggio che è a pezzi come la casa e l’uomo che nonostante le sfortune che si porta dietro è invece ottimista.
In soli quattordici minuti riusciamo ad affezionarci ai personaggi, tanto che quando arriverà il momento della partenza dell’aggiustatutto, ci mancherà.
Molto buona l’idea di rappresentare il dramma della donna, non solo psicologicamente ma anche confinandola in un’abitazione che cade a pezzi: ottima scrittura ed un’ottima regia rende questo corto un’esperienza piacevole, nonostante il tema tragico alla base, coniugare leggerezza alla pesantezza è difficile, ma il regista dimostra di saperlo fare e per questo non può che essere promosso.
Sad Beauty
Il titolo più duro della selezione, proveniente dall’Olanda diretto da Arjan Brentjes. A soggetto, infatti, una epidemia e visto il periodo che ci troviamo ad affrontare, immedesimarci nel corto non è poi molto difficile.
Il tema però a differenza di quanto si possa pensare non è il Covid 19, bensì l’inquinamento, ben reso nel primo dei viaggi che percorrere il personaggio femminile protagonista.
Il corto rende ottimamente la crescita della malattia che man mano affliggerà la protagonista, tanto da rendere impossibile non commuoversi nel procedere durante la visione. Unire spirito naturalista a ottima gestione psichica è ciò che rende un gioiello questo corto.
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