Di Riccardo Gabriele
Le recensioni della seconda giornata del DFF16!
Il corto spagnolo di Leticia Torres, si focalizza sul rapporto padre/figlia ciascuno alle prese con i propri problemi ma che decidono di non affrontare.
Le interpretazioni sono buone, rendendo molto credibili le reazioni e l’ambiente molto stretto si presta decisamente ad una storia che punta sulle varie ansie dei due personaggi. Nulla di particolare ma ben eseguito.
Arturo e il gabbiano
Il corto, italiano, di Luca di Cecca riesce a mettere insieme malinconia e divertimento ispirato anche dallo stile dei cartoni di Hanna &Barbera.
Il protagonista Arturo è un uomo anziano, che probabilmente ha perso la moglie, e quando ormai ogni cosa sembra perduta troverà una nuova linfa vitale, nel cercare di fotografare un gabbiano che nota vicino ad un molo.
Dopo svariate disavventure, la conclusione. Un corto che caratterizza al meglio i due personaggi e riesce a gestire ottimamente i vari cambi di ritmo.
La Tecnica
Nel corto diretto dal collettivo Cric(Clemente di Muro e Davide Mardegan) si offre la solita storia del ragazzo timido, figlio di un pastore, che viene aiutato ad approcciarsi alle ragazze da un turista.
Dal punto di vista fotografico non c’è nulla da dire i paesaggi, il lago sono magnificamente ripresi ed illuminati, però a soffrire come al solito è la totale incapacità recitativa degli interpreti, oltre a non offrire molto di più di una banalissima storia adolescenziale. Un clamoroso buco nell’acqua che non lascia nulla.
Seeing Blind
Il corto australiano di Jazmine Lee mette al centro non tanto l’inquinamento urbano ma quello di un fiume (anche questa purtroppo una tematica molto attuale). Lo stile è tra quello tra Tartakovskij (Dexter, Samurai Jack, Hotel Transylvania) e Adventure Time, personaggi dalle forme molte geometriche e colori pastello.
Viviamo la storia di fratello e sorella (rispettivamente minore e maggiore) che sono vessati da un regime di robot che sono a capo della distribuzione idrica, scopriranno a loro spese ciò che si cela dietro l’inquinamento del fiume.
Un corto divertente che con toni quasi fiabeschi riesce a comunicare un forte tema ecologico, se siete cresciuti con i cartoni di Cartoon Network, vi riuscirà difficile non amarlo.
Joseba Cruz
Un documentario sulla cucina, spagnolo, diverso da qualsiasi cosa vi sia mai capitato di vedere. Il regista Aleix Viladerbo, infatti segue uno chef, Joseba Cruz(da cui il titolo) molto particolare che reinventa l’alta cucina muovendosi in diversi paesaggi naturali e boschivi. Attraverso la sua narrazione ed immagini ottimamente rese, riusciamo a seguirne tutto il percorso. In sintesi, un documentario che mette insieme libertà, creatività e natura, tutto questo sposato a delle immagini fantastiche e ad un montaggio estremamente professionale.
Saba
Il corto iraniano di Mohammad Reza Khavari si trova ad affrontare in maniera originale il tema lgbtq+ della transessualità e dell’identità. Prendendo spunto dalla situazione iraniana che non consente alle donne di recarsi allo stadio, il regista narra la storia di una donna che deve travestirsi da uomo per recarsi insieme al padre ad assistere alla partita.
Ciò è però solo una scusa perché la vera intenzione del padre è semplicemente farla mettere nei suoi panni: infatti egli per tutto il tempo infatti ha nascosto la sua vera natura per il bene della figlia ma ora che è cresciuta ha deciso di smetterla di vivere nell’ombra.
La tematica del nascondersi politico associata al nascondersi per un motivo affettivo è ottimamente giocata e la scrittura è in questo ottima perché riesce a gestire efficacemente ogni pezzo del puzzle.
Anche il make-up fa la sua parte, in sostanza una storia che riesce a trattare efficacemente politica e identità psicologica senza risultare pesante: una storia che non può sciogliere anche il più duro degli animi.
If you find me in Cairo
Corto egiziano, diretto da Randa Ali, incentrato su un dialogo di addio tra un uomo ed una donna ambientato in Cairo post-rivoluzione. Il lato visivo è molto povero, ma le interpretazioni dei due interpreti permette di sorvolare su una regia non propria precisa.
Lo scambio tra Salim e la donna protagonista è ben gestito, purtroppo a mancare è un vero e proprio sviluppo, l’impressione è di trovarsi di fronte ad un incipit di un progetto che stenta a trovare la propria dimensione, arrivando al termine con la sensazione che manchi qualcosa.
Migrants
Prendete la serie d’animazione Pingù, sostituite i pinguini con gli orsi polari e aggiungete la tematica della migrazioni e avrete davanti agli occhi, “Migrants”, corto francese, diretta da: Hubo Caby, Antoine Dupriez, Aubin Kubiak, Lucas Lermyte, Zoé Devise.
Migrazione sposato a causa ambientalista: infatti ad originare le disavventure dei due orsi(forse padre e figlio) è il riscaldamento globale che scioglie i ghiacci in cui si trovano a vivere. Giungeranno in un bosco in cui sono presenti degli orsi bruni dalle fattezze e caratteri decisamente antropomorfe.
Il viaggio, la violenza, lo sconforto del forzato ritorno sono degnamente raffigurati, riuscendo a passare abilmente dalla fiaba all’incubo.
Un plauso per l’originalità in cui il tema della migrazione è stato affrontato sposato con la sempre importante tematica ambientalista.
Solitarie
Se qualcuno vi dicesse che potreste legarvi emotivamente ad una sedia a rotelle ci credereste? Eppure è quanto vi accadrà con “Solitarie” in cui vero protagonista è proprio la sedia a rotelle dell’anziano protagonista, che ricorda quelle buffe invenzioni di Archimede Pitagorico. Per quanto difficile a credersi, è un corto italiano diretto da Edoardo Natoli.
Una storia che narra una pluralità di temi: la vecchiaia, la disabilità, l’amore, la solitudine in soli dieci minuti senza mai perdersi e mantenere sempre quel tono tra comicità e dramma.
Ne uscirete che avrete provato una pluralità di emozioni ma soddisfatti: un corto che per intensità è pari ad un ottimo lungometraggio.
Bars
Di nuovo tematica scolatisca, nel corto palestinese, diretto da Waleed Zedanay, “Bars”. Qui un insegnante di nome Essam per illustrare cosa sia la democrazia, ad uno studente che glielo richiede, dà ad ognuno dei suoi studenti, il compito di scrivere la verità sulla scuola, sulla classe, perfino su lui stesso.
Gli studenti eseguono quanto richiesto e …
La gestione della tematica è ottima, come il finale inaspettato e duro che fa capire la finalità politica per la quale è stato realizzato il corto.
Se tutto questo dal punto di vista della sceneggiatura funziona, non lo si può dire per il lato tecnico, molto povero e in cui si vede un abissale dislivello tra l’interprete di Essam e gli studenti.
Poteva essere un’ottima occasione peccato che il lato tecnico affossi una sceneggiatura molto buona.
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