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Barattoli di Vetro: Recensione del documentario di Elisa Curatola

Di Riccardo Gabriele

Ad aprire il Dieciminuti Film Festival, un documentario di grande impatto, diretto e montato da Elisa Curatola, una giovane videomaker di Cassino.

Un documentario che nasce da un’idea semplice ma allo stesso tempo molto seria: far raccontare a quanti si trovavano a vivere il lockdown (la quarantena) la loro esperienza.

Nel corso della produzione, la regista ha raccolto circa settanta autointerviste, dall’appello che aveva lanciato nei social; quelle confluite poi nel documentario sono sufficienti a scuoterci nel profondo.

Riesce a farlo perché è in grado di trasmettere tutto il dolore senza mai cadere nel retorico, comunicando anche una sorta di speranza che ci serve visto che il percolo è ancora presente e il futuro rimane ancora incerto.

Il tutto attraverso un lavoro molto buono in fase di montaggio, cosa che per un lavoro a distanza come questo, ne costituisce l’ossatura.

Un montaggio che riesce ad assimilare ad esempio il lato fantasma delle città con quello di alcune interviste, sovrapposte al paesaggio tanto da essere tanti spettri anche loro o ancor più donargli quella libertà che in quel momento non era presente.

A colpire più di tutti, un testo, che è poi il motivo del titolo di questo documentario: perfetto perché capace di riassumere ed esprimere l’essenza di quanto sino a quel momento si è potuto vedere, un testo dal titolo “Barattoli di vetro” reso dal voice over dello stesso autore.

Anche la struttura quasi circolare, una scena iniziale ritorna verso la fine, aiuta a rivivere un tempo che era ridotto ad un loop inesorabile di azioni.

In sintesi quello cui si assiste è un viaggio con una direzione ben precisa capace di suscitare molta tristezza ma anche molta speranza, un ottimo inizio per un festival che ha molto da dire.



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