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Le Recensioni della terza sessione dei corti finalisti del DFF15

 

Official Selection, Extralarge, Doc10, le recensioni della terza sessione dei corti finalisti del DFF15

 EXTRALARGE (Di Riccardo Gabriele)

Baradar


Non sconosciuto al grande pubblico, Baradar di Beppe Tufarulo, candidato tra i miglior corti della recente edizione dei David di Donatello, disponibile su Raiplay, dove è anche disponibile il vincitore di quella categoria, “Inverno”.

La storia che segue è tratta da eventi realmente accaduti. Al centro la migrazione di due fratelli. Le necessità economiche costringono il maggiore Mohammed, 18 anni, a lasciare il più piccolo Alì, 10 anni. Della storia vediamo solo il momento prima della fatale partenza del maggiore.

Il corto si apre con tonalità calde presentando i due affiati fratelli, per poi virare via via su tonalità sempre più fredde, con la musica che segue la stessa logica, da allegra sempre più cupa.

Nel presentare il tema della migrazione il regista riesce anche a parlare dei ricordi, in particolare della famiglia, del padre, di cui alla fine il minore Alì, rivela di non ricordare nemmeno il nome.

A reggere il tutto l’ottima prova degli interpreti perché il lavoro è incentrato interamente sulle loro emozioni e i loro dialoghi, di cui l’interprete di Alì, dimostra di saper gestire ottimamente anche i momenti di silenzio come quello intenso finale.

Un’ ottima sceneggiatura e regia, riesce a regalare diversi livelli di emozioni, per quanto il tema centrale non sia nuovo nel panorama italiano.

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Exam


Dall’aspetto più amatoriale Exam di Sonia K. Hadad, iraniano. A differenza del precedente, privilegia la telecamera a spalla, ricordando per stile la regia dei film di Lars Von Trier.

Al centro una ragazza che deve sostenere un esame e al tempo stesso viene costretta dal padre ad occuparsi del traffico di droga.

L’uso ossessivo della telecamera a spalla riesce a comunicare, all’inizio l’ansia dell’esame e poi quello della preoccupazione di essere scoperta nel losco traffico (perché prima di sostenere l’esame, la protagonista non riesce a consegnare la merce al cliente Farid, che compare solo di nome).

Molto riuscita la sequenza della perquisizione in aula e quella in bagno della protagonista, una regia che sa sia tenere sulle spine lo spettatore che colpirlo in modo sempre più violento allo stomaco, lasciando molto scossi una volta giunti alla fine.

Come in quello coreano, non c’è una vera e propria colonna sonora, a spiccare sono i vari rumori, i silenzi, l’attutirsi di voci che esprimono molto bene ciò che solo l’ottima mimica e gli sguardi dell’attrice protagonista non riescono ad esprimere.

Sul lato della fotografia spiccano tonalità fredde che privano lo spettatore di qualsiasi elemento di speranza circa il futuro della protagonista, cui è vincente anche l’idea di estraniarla da ogni altro personaggio.

Un corto molto freddo che dimostra anche qui ottima capacità di scrittura che abilità registica, in grado di tenere sia incollato allo schermo che a distanza lo spettatore.

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My name is Petya

Altra storia vera, questa volta in un corto russo, della regista Daria Binevskaya.

Una storia che si svolge tutto all’interno di un ospedale, dove una donna è messa in quarantena con le sue due figlie.

La mancanza improvvisa della luce nel reparto in cui è confinata la donna con le figlie è il motore che la porterà a conoscere un bambino, dalla sindrome di down, intento a dipingere una finestra della sua stanza.

Se il personale medico è raffigurato come estremamente glaciale, privo di qualsiasi empatia, la donna protagonista è invece molto umana.

Tramite un ottimo montaggio, capacità di gestione della fotografia che sa trasmettere sia freddezza che calore, ottime interpretazioni sia della donna che del bambino, rende soddisfacente la visione, riuscendo a comunicare sia tristezza che gioia.

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Pizza Boy

Conclude la sezione Extralarge un corto italiano, Pizza Boy, del regista Gianluca Zonta.

Al centro della storia un marito che lavora come fattorino delle pizze, la cui moglie sta per partorire ed è straniero.

Un aspetto che ho sottolineato perché la tematica su cui è impostato il corto è proprio il tema dello ius soli, tuttavia il regista ha l’accortezza di non farlo risultare troppo pesante.

Per quanto l’interesse politico è innegabile, la pellicola sembra scorrere come se non ci fosse.

Tutto è girato di notte, con un ritmo molto serrato, sin dall’apertura iniziale.

Il protagonista è costretto a fare le ultime consegne e a gestire nello stesso tempo il parto imminente della moglie, una corsa contro il tempo che alla fine avrà lieto fine.

Interessante la scelta del regista nel rendere i vari personaggi che si incontrano, a partire dal datore di lavoro, come esseri privi di empatia, che nel protagonista scorgono solo un lavoratore tra tanti e non l’umanità come invece accade con il vecchio interpretato da Roberto Herlitzka (che molti riconosceranno per il personaggio di Orlando Serpentieri nella serie Boris).

Proprio l’incontro con il vecchio è lo scontro tra due mondi che per quanto distanti, sono irrimediabilmente vicini (la solitudine del vecchio coincide con il distacco con cui è stato trattato sino a quel momento il fattorino protagonista).

Dal lato della fotografia anche qui emergono i toni freddi forse unico luogo dove si ha maggiore calore è la casa del vecchio (cliente finale del fattorino).

Un corto capace di affrontare un tema politico spinoso senza scadere nel retorico oltre nel trattare solitudine, vecchiaia e umanità con molta intelligenza.

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OFFICIAL SELECTION (Di Francesco Rosati)

Cocodrilo


Un idea interessante quella del corto cocodrilo. Emozionante e semplice, Cocodrilo ci racconta una storia originale che sul finire ci lascia tutti a bocca aperta. 

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Screwed

Screwed è uno dei migliori corti del festival. Un corto muto che parla di un appuntamento romatico in qui manca però...il cavatappi! 

Matin Datfar, con un iterpretazione da premio Oscar, riesce in poco tempo a farci scompisciare dalle risate. 

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Mama


Mamà è un corto dedicato alla memoria delle vittime dell' AMIA bombing. Con un montaggio perfetto riesce a colpire i cuori di chi lo guarda. Un ottimo corto anche per le generazioni future.

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Praskovya

Racconta la storia di Praskovya una donna che durante la guerra lavorava in banca con tutti i pericoli del caso. Un corto che a parer mio poteva essere strutturato in un film. Emozionante ma secondo me troppo breve per quello che poteva mostrare. Comunque bellissimo da vedere.

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Lay Them Straight


1,2,3,4,5 e via dicendo. La protagonista di questo fantastico corto è affetta da un ossessione che la fa contare continuamente. Uno sci-fi coi controcazzi capitanato da un ottima recitazione. 

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DOC10 (Di Riccardo Gabriele)

Rewild

Ultimo della sezione Doc10, è Rewild, indonesiano dei registi Nicholas Chin e Ernest Zacharevic.

A differenza di tutti gli altri documentari questo non si compone di dialoghi o segue un personaggio in particolare, anzi è tutto impostato sul montaggio.

In effetti il titolo fa riferimento al riportare indietro gli avvenimenti mostrati. Tramite un montaggio che procede a ritroso si mostra: il disboscamento, la foresta iniziale, l’inquinamento, l’azione di ripristino della foresta.

Tutto questo è reso con una colonna sonora molto particolare, composta da voci che imitano i vari rumori ambientali che per quanto straniante si sposa ottimamente alle immagini (ne amplifica anche il lato drammatico).

Un documentario che non si può descrivere con le parole perché non esiste forma scritta capace di racchiudere la potenza delle immagini.

Un lavoro eccellente di fotografia e di montaggio che conclude ottimamente la sezione dei documentari.


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